domenica 20 marzo 2016

Storia di un'aspirina


Mio nonno materno, mi raccontava molto tempo fa mia madre, aveva l'abitudine di prendere ogni giorno un'aspírina, convinto in questo modo di non ammalarsi mai. Morì per un infarto quando io ero ancora piccolino, lasciandomi come suo ricordo solo delle foto in bianco e nero di altri tempi e il suono della sua voce su alcune bobine di un registratore, marca Geloso.
Mamma e nonna rimasero convinte che fossero state proprio quelle aspirine a provocargli quell'infarto fatale. Io ero ancora piccolo, e rimasi pure io convinto di questo per parecchio tempo.
Da allora a casa mia venne bandita l'Aspro, in favore dell'Aspirina, suggerendomi che il nonno prendesse proprio l'Aspro. E ci volle qualche anno ancora prima che imparassi che erano entrambe Acido Acetilsalicilico, ma di due marche diverse.

Succede. Cresci, impari nuove nozioni, e puoi apprendere di aver creduto in cose errate per troppo tempo. Niente di eccessivamente grave in fondo, la vita continua, e ogni giorno impari cose nuove. Avevo solo scoperto che tutti avevano avuto torto: mamma e nonna nel credere che un‘aspirina di troppo provocasse l'infarto, e il nonno, convinto che l'aspirina preventiva fermasse l'influenza: infatti non é un medicinale che previene, poiché si attiva solo in presenza del malanno, raffreddore o influenza che sia.
Io avevo studiato, mi ero informato, il progresso e il mio interesse nella realtà scientifica mi permettevano di poter giudicare (col celebre e famigerato "senno di poi") le errate convinzioni dei miei parenti. Giusto?

Sbagliato, tremendamente errato, del tutto in torto.
Solo tempo dopo imparai una proprietà dell'aspirina che ignoravo del tutto fino a quel momento: che l'Acido Acetilsalicilico ha funzioni di fluidificatore del sangue, e viene indicato per i cardiopatici.
E improvvisamente capisco che il nonno, cardiopatico negli anni '60, aveva ragione, e probabilmente seguiva le indicazioni del suo medico. Aveva sempre avuto ragione, e moglie, figlia e nipote (io, ahimè) avevamo avuto a nostra volta torto nel giudicarlo.

Ecco, ogni volta che qualcuno mi suggerisce "un buon consiglio" per la mia malattia del motoneurone (la Troia bastarda e infame, e son pure troppo diplomatico...), mi vengono in mente il nonno, le sue aspirine e le convinzioni dei parenti, me medesimo compreso. A come sia facile giudicare dall'esterno, suggerire terapie, panacea, possibili origini ambientali o alimentari.
A come in certi momenti siamo talmente convinti di avere ragione, di essere nel giusto e che non possiamo sbagliarci, anche se non siamo dottori, ingegneri, cuochi o commissari della nazionale. 
O disegnatori di fumetti.

domenica 6 marzo 2016

Il chiodo


Ogni tanto mi viene voglia di fare un di quei cari post di una volta, quelli fumettosi, o metaforici o di informazione, quelli che leggevano in pochi.
Vorrei davvero discutere di fumetti, parlare dell'impressione che ricavo dall'assistere agli sviluppi di mercato, di protagonisti e comprimari.
Ragionare sulle fiere di fumetti, se solo riuscissi a contarle tutte; raccontare di qualche edizione particolare del passato di cui sono stato testimone. O dei miei due Comicon di Napoli, quello emozionante e quello deludente.
Vorrei aprire i cassetti, le cartellette piene di disegni, i taccuini degli appunti. Diffondere i loro tesori, condividere quegli attimi di tempo bloccati tra quelle pagine, e rivelare gli Easter Eggs o i Making Off personali. 
Vorrei continuare a parlare dei fumetti che prediligo, e dopo aver parlato di Jeff Hawke passare anche delle Xenozoic Tales di Mark Schultz (finalmente pubblicato in italiano), o raccontare 1963, il fumetto dimenticato (da tutti) di Alan Moore.
O lamentarmi. Della formula 1, per esempio. Quello spettacolo Meraviglioso che é stato fino ai primi anni di questo secolo, rovinato in pochi anni da regolamenti assurdi e furberie autorizzate. Della scomparsa di un marchio storico come la Lancia, e di vetture leggendarie come Fulvia, Stratos, Beta Montecarlo, 037 o Delta. O spiegare come e perchè le corse di automobili sostituirono e cancellarono il calcio, nelle passioni di un ragazzino introverso.
Dando il mio parere sulle varie serie di Star Trek, e spiegare quale sia stato il grosso errore commesso dai suoi autori (ovviamente a mio personale parere), che mi ha, di fatto, disaffezionato sulle ultime produzioni TV; o del perché, avendo adorato il primo film di Cars, non reggo il secondo. 
Eppure talvolta basterebbe un'oretta tranquilla per battere sulla tastiera una prima stesura.

E invece parlo di altro. Dei miei problemi, di anziani infermi e di pensieri ingombranti. Porto al centro del mio universo solo i fatti dell'ultimo anno. Non esagero a lamentarmi dei vecchi che gridano la notte, non racconto le loro parole cattive perché ho ancora lo scrupolo di non volere violare la loro privacy. Eppure quando senti la cattiveria che mettono nel gridare a figli o nipoti perché non obbediscono ai loro ordini, vorrei incazzarmi con loro. O i casi di demenza senile a cui assisto ogni giorno. O le voci disperata.
Li osservo tutti, coloro che tornano a casa, guariti e felici oppure costretti per il resto delle loro vite a bastone o carrozzina.
Ma questi sono i miei pensieri, adesso.
C'e questo chiodo fisso che continua a richiedere attenzione. Un lungo e fottuto chiodo di cui avrei volentieri fatto a meno, che mi impedisce di perseguire i miei obbiettivi secondari.

Me ne rendo conto mentre mi accorgo del filo di bava che sgocciola dai lati della bocca, sul pavimento o sulla maglietta: già macchiata di suo, perennemente, con tutto quel cibo che mi scappa di bocca. 
Della vergogna, o discrezione, di dover accettare un aiuto esterno anche nella mia pulizia personale, fino a quando davvero non ci faccio piu caso.
Delle volte che penso alle "ultime volte": l'ultima volta che guidato l'auto, ho fatto un bancomat, le crépes, un'illustrazione per Robot, o l'ultima volta che ho aperto un barattolo di Nutella: e di quel barattolo quasi vuoto che tengo sul tavolo, che mi rifiuto di gettare via, nonostante non possa più infilarci un cucchiaio.
E la paura che arrivino le prossime "ultime volte": quando non potró piú girare col deambulatore o mangiare da solo, o mandare sms.
E di come mi sia rotto i coglioni di spiegare ai visitatori COSA ho, per cui da oggi cambierò discorso, con quella parodia di voce che mi rimane.

Certo, continuo ad aspettarmi che tutto questo finisca, e possa incominciare a contare le nuove prime volte, quando ricomincerò a fare tutto, o quasi, e non faró più piú errori battendo sui tasti.
Ma é lí, il maledetto chiodo. Punge, richiede la mia attenzione in ogni momento. Pretende l'esclusiva delle mie preoccupazioni, ora e sempre. Che sia un chiodo o un colombo scagazzone, continua a interferire. E solo io a oppormi.

Una cosa é sicura: in futuro non ci saranno piu chiodi intorno a me.
Solo viti. E un cacciavite sonico per avvitarle...